DIMINUISCE LA DURATA DELLE VIOLENZE: È GRAZIE A QUELLA CHE IL MINISTRO ALLA PUBBLICA ISTRUZIONE HA DEFINITO LA “VISIONE IDEOLOGICA” DEI CENTRI ANTIVIOLENZA

In occasione del 25 novembre il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna diffonde una valutazione dei dati parziali al 31 ottobre

Le donne restano meno tempo in una relazione violenta. È quanto emerge dalla raccolta dati dei Centri antiviolenza.  Dal 2000 a oggi, le violenze della durata di sei anni o più sono diminuite del 10%: dal 51% al 40% dei casi. Nello stesso tempo, sono aumentate le richieste di aiuto delle donne che riportano di subire violenza da meno di un anno. Dal 2000 al 2024 l’aumento è dal 20% al 36%. Le donne riconoscono la violenza in tempi più brevi e interrompono più velocemente il ciclo della violenza: questo è il risultato del lavoro sul territorio portato avanti dai Centri Antiviolenza, non solo nell’accoglienza diretta ma anche a livello sociale e culturale.

Dopo le dichiarazioni del ministro della Pubblica Istruzione, nel giorno della presentazione della Fondazione Cecchettin, alla Camera, supportate dalla Presidente del Consiglio, dobbiamo prendere atto che è in corso un tentativo di strumentalizzare il fenomeno della violenza maschile a vantaggio della propaganda sull’allarme immigrazione. Nello stesso tempo, la negazione della matrice culturale della violenza maschile, alimentata da una storica asimmetria di potere tra uomini e donne, rivela una precisa strategia politica, di non contrastare quelle disparità, di non intervenire per sradicare pregiudizi e stereotipi. Del resto, le politiche familistiche del Governo Meloni, il controllo sui corpi delle donne con l’ingresso dei cosiddetti prolife nei consultori, manifestano l’adesione ideologica alla subalternità delle donne.  Ricondurre il femminicidio commesso da italiani, come ha fatto il ministro, a residui di maschilismo, vuol dire minimizzare un fenomeno che è strutturale. Patologizzarlo come disturbo narcisistico, vuol dire connotarlo come un problema individuale che riguarda la sanità, invece è un problema sociale e politico.  Che il patriarcato e la violenza contro le donne continuino a esistere nonostante l’aggiornamento del diritto di famiglia del 1975, ce lo raccontano le decine di migliaia di donne che abbiamo accolto negli ultimi vent’anni.

I dati sugli autori della violenza raccolti dai nostri Centri nel 2024 ci dicono che nel 62,3% dei casi ad agire la violenza è stato il partner della donna. Nel 15,9% l’ex-partner, e nel 10% un familiare. I casi di violenze agite da sconosciuti (a prescindere dal loro stato di cittadinanza) sono inferiori al 2%. Non raccogliamo il dato sui “fenomeni di violenza sessuale legati a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da una immigrazione illegale”, ma se ci fosse un modo di farlo, costituirebbero una minima parte di questo già poco rilevante 2% dei casi.

I dati dei centri del Coordinamento nel 2024 (aggiornati al 31 ottobre)

Le donne che si sono rivolte ai 15 Centri antiviolenza del Coordinamento sono state complessivamente 4735. Fra di esse, le vittime di violenza sono state 4467, pari al 94,3%. Sono state 2952, coloro che per la prima volta, nel periodo indicato, si sono rivolte ad un Centro antiviolenza, pari al 65,5%, mentre le donne in percorso da anni precedenti, sono state in totale 1542, il 34,5%. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente,  si è verificato un aumento di +11,5 punti percentuali (+460 donne). Nel 2023, erano state infatti 4007 le donne accolte che avevano subito violenza, un aumento che riguarda sia le donne nuove che le donne in percorso da anni precedenti.

Tende quindi a stabilizzarsi il trend positivo di crescita delle richieste di aiuto delle donne vittime di violenza ai Centri antiviolenza del Coordinamento regionale, confermando il processo di emersione in atto del fenomeno. Sappiamo, infatti, che le donne accolte dai Centri antiviolenza rappresentano solo la punta di un iceberg, che i dati dell’ISTAT del 2015 attestano intorno al 4,9%, di tutte coloro che hanno subito violenza. Rispetto al bisogno di aiuto delle donne, i Centri antiviolenza andrebbero sostenuti e potenziati perché sono una risorsa fondamentale.

Considerando solo le donne nuove che hanno subito violenza, quelle nate in Italia nel 2024 sono state 1810 e risultano pari al 64,5%; le donne provenienti da altri paesi sono state 996 e rappresentano il 35,5% delle donne nuove accolte che hanno subito violenza. Le donne con figli/e sono state 1832, pari al 68,1%; le donne senza figli/e 860, il 31,9%. Sono dati che si discostano di poco – diminuiscono di 2 punti percentuali le donne con figli/e – rispetto a quanto rilevato nel corso dello scorso anno.

Dal 1 gennaio al 31 ottobre 2024, i figli/e che hanno subito violenza diretta o assistita sono stati 2049, pari al 62,1% di tutti i/le figli/e delle donne accolte, in totale 3297. Un dato che registra un aumento di 10 punti percentuali rispetto al 2023, nel 2023 infatti i figli/e delle donne accolte vittime dirette o indirette di violenza sono stati 1566, pari al 52%.

Per quanto riguarda le tipologie di violenza subita, spesso plurime e contestuali, nell’arco di tempo considerato le donne che hanno subito violenza fisica sono state il 58,4% di tutte le donne accolte; coloro che hanno subito violenza economica sono state il 35,4%; le donne che hanno subito violenza sessuale il 17,4%; le donne che hanno subito violenza psicologica il 90,4%. Rispetto al 2023 si è verificata una leggera diminuzione di tutte le tipologie di violenza (-2 punti percentuali) subite dalle donne accolte, fatta eccezione per la violenza psicologica che è aumentata di 3 punti percentuali.

Considerando ogni tipo di ospitalità, anche le ospitalità in emergenza, presso strutture autogestite dai Centri o in convenzione e le ospitalità in semiautonomia, le donne ospitate dal 1° gennaio al 31 ottobre 2024 sono state 456. Il 52,5% (239 donne) è stato ospitato con i figli/e, il 47,6% (217 donne) senza figli/e. I figli/e ospitati sono stati 389 per un totale di 845 donne e/o bambine/i ospitati. Le notti di ospitalità sono state complessivamente 72.699, in media 86 notti per donna e/o figlio/a ospitata/o. Coloro che sono state ospitate in una situazione di emergenza sono state 266, pari al 58,3% di tutte le donne ospitate.

Referente per la stampa:

Laica Montanari, Presidente del Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia Romagna

Giuditta Creazzo, Coordinatrice del Gruppo Osservatorio del Coordinamento dei Centri

PANDEMIA, ALLUVIONI, GUERRE: LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE NON SI FERMA MAI

Bologna, 28 ottobre 2024

PANDEMIA, ALLUVIONI, GUERRE: LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE NON SI FERMA MAI

Il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna sul femminicidio di Marina Cavalieri a Parma

Nella giornata di giovedì 24 ottobre a Sant’Andrea Bagni, nel parmense, è stato ritrovato il corpo di Marina Cavalieri, 62 anni, uccisa presumibilmente dal marito. Secondo le prime ricostruzioni, egli, dopo aver ucciso la moglie con un colpo di fucile (probabilmente la notte tra il 21 e il 22 ottobre, mentre la donna dormiva) ne abbandonava il corpo e scappava. È stato arrestato giovedì sera a Grosseto, al momento si trova in stato di fermo, con l’accusa di femminicidio.

Il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna esprime dolore e solidarietà a familiari ed amici di Marina Cavalieri. Proviamo una profonda rabbia per l’ennesima vita presa dalla violenza maschile. Una violenza che non si ferma neanche nelle contingenti difficoltà degli eventi alluvionali, che stanno provando la nostra regione, così come non si era fermata durante la pandemia.

La nefasta, progressiva reiterazione di femminicidi che dobbiamo, nostro malgrado, continuare a contare, evidenzia che la violenza sulle donne non sia e non possa essere trattata come un fatto privato, contingente ed eccezionale, ma sia, piuttosto, un grave problema sociale. Un efficace contrasto alla violenza di genere ne presuppone il riconoscimento, quale fenomeno radicato, trasversale ad ogni ceto sociale, età o condizione economica, alimentato da un pregiudizio culturale, da un’asimmetria di poteri, tra uomini e donne, storicamente sbilanciati. Per contrastare un tale problema serve un cambiamento culturale. Per questo sono necessari impegno, risorse e strategie sul breve, medio e lungo periodo.

Abbiamo bisogno di finanziamenti e sostegno per i Centri Antiviolenza che riconoscano la specificità del nostro lavoro, ma anche di interventi nel tessuto sociale, dalle scuole agli ambiti professionali, che producano il cambiamento necessario per superare la violenza di genere. Anche il modo in cui si parla di violenza è importante. La narrazione della violenza di genere deve essere attenta al rispetto della donna, anche nella scelta delle parole. Il termine “femminicidio”, anziché “omicidio”, quanto a morire è una donna, è entrato, ormai, nel linguaggio corrente. Sarebbe, però bene, che vi fosse piena consapevolezza di ciò che significa. Parafrasando le parole della compianta Michela Murgia, rimarchiamo che la parola “femminicidio” non dice solo che è stata uccisa una donna, ma dice anche il perchè; dice, cioè, che una donna è stata uccisa, perché si è ribellata alla prepotenza di un uomo ed ha scelto per se stessa.”

Alle donne ricordiamo ancora che si può uscire dalla violenza. I Centri Antiviolenza sono sempre aperti, anche solo per una consulenza o per chiedere informazioni. Non c’è mai obbligo di denuncia. È possibile trovare i contatti dei CAV del Coordinamento su www.centriantiviolenzaer.it. Il Centro Antiviolenza ODV di Parma si trova in Vicolo Grossardi n.8 e risponde al 0521238885.

Referente per la stampa:

Cristina Magnani Presidente del Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia Romagna

Samuela Frigeri, Presidente Centro Antiviolenza ODV- Parma

Dati

I dati sulle donne accolte da 15 centri antiviolenza della nostra Regione sono raccolti dal Gruppo Osservatorio del Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna. more “Dati”