Lo sguardo obliquo della riforma Cartabia sulla persona offesa

Bologna , 10 febbraio 2023

LO SGUARDO OBLIQUO DELLA RIFORMA CARTABIA

SULLA PERSONA OFFESA

La recente riforma del processo penale, introdotta dal Decreto legislativo n. 150/2022, in vigore dal 30 dicembre 2022, ha reso in salita la strada della persona offesa entro il processo penale. Preclusioni temporali più rigide per la costituzione di parte civile, disposizioni più stringenti per l’allegazione dei testimoni nel processo, tacita remissione della querela, in caso di omessa comparizione della persona offesa all’udienza fissata per la testimonianza della stessa e non ultima, la giustizia riparativa, che consegna le donne che hanno subito violenza ai loro maltrattanti ed aggressori.

Tutto ciò appare un cattivo compromesso tra le istanze, legittime, di celerità del processo, di cui al P.N.R.R, ed il diritto, costituzionalmente garantito, all’accesso alla giustizia, per la tutela dei propri diritti.

Leggiamo nell’art 129 bis c.p.p., introdotto dalla riforma, che l’autorità giudiziaria può disporre, anche d’ufficio, l’invio (non già l’invito) dell’imputato e della persona offesa dal reato al Centro per la giustizia riparativa. E’ chiaro che l’invio non sia vincolante, né coercibile, ma suona alquanto perentorio e suonerà tale per tutte quelle donne che vedranno le proprie, legittime, aspettative di giustizia infrangersi nella banalizzazione di un rimando a mettersi d’accordo con il maltrattante/aggressore. In definitiva: panni sporchi da lavare in famiglia.

Leggiamo, poi, che l’invio possa essere rivolto dal giudice, previa audizione di tutti i soggetti coinvolti nel procedimento ad eccezione della persona offesa, che potrà esprimersi solo se ritenuto necessario dal magistrato stesso.

Siamo incredule nel dovere leggere codificata una così sonante disparità, che altro non è se non la voce del patriarcato: la donna stia silente e mansueta, altri decideranno per essa.

La norma dispone che al programma di giustizia riparativa possano partecipare anche i familiari, anche quelli dell’imputato/indagato e letteralmente: “chiunque altro vi abbia interesse”.

E’ evidente la vittimizzazione secondaria che tanto indurrebbe nella persona offesa, con buona pace delle direttiva 29/2012 C.E., che, invece, impone agli Stati comunitari di adottare misure a contrasto della stessa.

Oltre a ciò, restiamo attonite nel leggere del coinvolgimento nel programma di giustizia riparativa dei familiari ed in sostanza, dell’intera collettività (letteralmente: chiunque altro vi abbia interesse), perché tanto rievoca, tristemente, l’immagine di una donna in potestà, di latina memoria.

E’ facile immaginare a quali pressioni, riattivazioni del trauma, se non addirittura reiterazioni di condotte delittuose, la donna potrebbe essere esposta, in tale sede. Eppure, la ratio dell’art 48 della Convenzione di Istanbul, che impone agli Stati aderenti, tra i quali vi è l’Italia, di evitare il ricorso a pratiche conciliative o di mediazione, nell’ambito della violenza di genere, è proprio quello di scongiurare tali deplorevoli eventi.

E’ palese l’incostituzionalità dell’istituto, applicato ai reati di genere, perchè viola l’art 117 della Carta Costituzionale, a mente del quale il Legislatore è tenuto al rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali .

A poco giova l’inciso, reso nell’articolo citato, secondo il quale l’invio non potrebbe essere disposto in casi di pericolo concreto per le parti e per l’accertamento dei fatti. E’ lecito ritenere che quel “pericolo concreto” ben poco verrà ravvisato in un sistema giudiziario che, ancora, stenta a riconoscere la violenza di genere ed i suoi pregiudizievoli effetti, tanto da ritiene, ad esempio, che un marito violento possa, comunque, essere un buon padre.

Auspichiamo, dunque, che il legislatore attui interventi correttivi, quantomeno, per ricondurre la norma nell’alveo della costituzionalità, escludendo dall’applicazione della stessa i procedimenti per reati di genere.

Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna ETS 

Referente per la stampa:

Cristina Magnani Presidente del Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia Romagna