IL CONTRASTO ALLA VIOLENZA DI GENERE PASSA DAL SUO RICONOSCIMENTO

07/03/2024

Abbiamo appreso dell’esclusione di parte civile di U.D.I. Bologna, nostra Associata, nel processo Amato, perché l’imputazione non ricadrebbe nel novero della violenza di genere, in quanto determinata da fini economici.

È bene ricordare che la Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2013, include espressamente la violenza economica nel novero della violenza di genere.

Uccidere la moglie, in punto d’accusa, per questioni ereditarie, e uccidere la suocera, “per fare una prova”, come apprendiamo riferito dalla stampa, altro non è che violenza di genere, è strumentalizzazione di due donne ai propri interessi. È femminicidio.

Neppure si può condividere la scelta della Corte d’Assise di Bologna di escludere la stampa dall’aula del processo, perché il caso non avrebbe un interesse socialmente rilevante. L’efficace contrasto alla violenza alle donne passa dal riconoscimento della stessa. L’eco mediatico dei processi per femminicidio è uno strumento importante per veicolare nelle coscienze il disvalore sociale della violenza alle donne; per fare prevenzione e per diffondere la cultura del rispetto delle donne.

Solo un cambiamento culturale potrà fermare la violenza di genere. Il riconoscimento della violenza è il primo passo per il cambiamento.

Il cambiamento è urgente, sono ancora troppe le donne che si trovano a subire violenza. I dati raccolti dai nostri 15 centri, ce lo confermano.

Le donne che nel 2023 si sono rivolte ai 15 Centri del Coordinamento dei Centri antiviolenza della regione Emilia-Romagna sono state complessivamente 4855. Di queste, 4560 pari al 93,9% hanno chiamato un Centro perché vittima di violenza. Le donne che hanno preso contatto per la prima volta con un Centro del Coordinamento regionale, perché vittime di violenza, sono state 3383, il 74,2% di tutte le donne accolte nel corso dell’anno vittime di violenza. Le donne in percorso da anni precedenti sono state 1226, pari al 26,9% di tutte le donne accolte.

Si conferma l’aumento delle richieste di aiuto, già registrato a fine ottobre 2023 anche in relazione agli anni precedente al 2020, anno in cui si era verificato un drastico calo delle donne, dovuto all’emergenza sanitaria nazionale da COVID19 e alle misure di contrasto adottate. Le donne nuove accolte, che nel 2022 erano state 2922, aumentano infatti di 16 punti percentuali (+461 pari a + 15,8%); mentre rispetto al 2019 l’aumento è di +149 donne, pari a +5%, se si considerano gli stessi 14 centri presenti nel 2019; del 7% (+229 donne) se si considerano tutti i 15 Centri del 2023. Nel corso del 2019, le donne che avevano preso contatto per la prima volta con i 14 Centri antiviolenza del Coordinamento regionale, perché hanno subito violenza, erano state infatti 3154 e nel 2018 3014.

Nel 2023 le donne nuove vittime di violenza provenienti da altri paesi sono state 1115 (34,3%) e le italiane 2134 (65,7%). I dati mostrano un calo delle donne proveniente da altri paesi di 4 punti percentuali rispetto al 2022, quando le donne straniere erano state il 37,7%, ma del tutto simile a quella presente negli anni precedenti (2018-2021), quando le donne straniere hanno oscillato fra il 34 e il 35% di tutte le donne nuove accolte vittime di violenza.

Nel 2023 le donne nuove accolte vittime di violenza con figli/e sono state 2130, pari al 69,2% e le donne senza figli/e 950, pari al 30,8%. I figli/e di 1261 donne, il 59,2% delle madri accolte/ospitate, hanno subito violenza diretta o assistita, in totale 2309, pari al 61% di tutti i/le figli/e delle donne nuove accolte in totale 3784. Rispetto al 2022, quest’ultima percentuale è aumentata di circa 10 punti. Nel 2022 i figli/e vittime di violenza diretta o assistita erano stati infatti 1742, pari al 49,8% dei 3496 figli/e delle donne nuove accolte nell’anno.

Nel 2023 le donne nuove accolte che hanno subito violenze fisiche sono state 2089 (61,7%), coloro che hanno subito violenze economiche sono state 1298 (38,4%); 700 donne hanno subito violenze sessuali (il 20,7%) e 3071 donne hanno subito violenze psicologiche (il 90,8%). Percentuali che si discostano di pochi punti (da 1 a 3) da quelle dell’anno precedente.

Come sappiamo, nella grande maggioranza dei casi l’autore delle violenze è il partner o l’ex partner e le violenze che le donne subiscono tendono a presentarsi come violenze multiple che si ripetono nel tempo.

Uno degli indicatori più significativi della gravità delle situazioni di violenza vissute dalle donne che chiedono aiuto ai Centri antiviolenza e della pericolosità degli aggressori è rappresentato dalla richiesta di essere ospitate in strutture ad indirizzo segreto – case rifugio – e/o in situazioni di crisi e di emergenza. Nel corso del 2023 lo hanno fatto 490 donne che sono state ospitate con 469 figli/e per un totale di 959 donne e minori e di 72.731 notti di ospitalità. Fra di esse, le donne ospitate con i/le figli/e sono state 259, pari al 52,9%. In media donne e figli/e sono state ospitate per 76 notti. Sul totale delle donne accolte nel corso del 2023 le donne ospitate rappresentano il 10,7%.

Si tratta di numeri più elevati rispetto a quelli degli anni precedenti, che danno conto anche di una maggiore attivazione delle reti locali di protezione e in particolare del sistema giudiziario, anche in conseguenza dell’approvazione della legge 69 del 2019, soprattutto per quanto riguarda l’ospitalità in situazioni di emergenza.

Considerando le diverse tipologie di ospitalità, di cui dispongono i Centri antiviolenza, le donne ospitate in una situazione di emergenza sono state 340, pari al 69,4% di tutte le donne ospitate nel corso dell’anno (490); 168 di esse (il 49,2%) sono state ospitate con i figli/e (314) per un totale di 654 donne e bambine/i ospitati in emergenza, ospitate per 15.176 notti, in media 23 notti per donna e figli/e. Le ospitalità in emergenza rappresentano una risorsa per i momenti di crisi, in cui si teme per la propria incolumità e per quella dei figli/e e non si ha tempo o modo di pianificare una strategia di uscita dalla situazione violenta. Hanno infatti una durata limitata, e possono sfociare in una ospitalità più duratura in una casa ad indirizzo segreto oppure in un rientro a casa. Possono essere momenti preziosi per riprendere fiato e decidere il da farsi, sostenute da un’operatrice competente, in grado di aiutare a valutare la pericolosità della situazione, a prendere visione delle risorse disponibili, con un approccio empatico, scevro da giudizi e stigmatizzazioni.

Le donne ospitate nelle case rifugio ad indirizzo segreto nel corso del 2023 sono state 194, di cui 106 (il 54,6%) con i figli/e (179). In totale sono state quindi ospitate in case rifugio 373 donne e minori per 52.033 notti, per una media di 139,5 notti per madre e figli/e. Nelle case rifugio il tempo dell’ospitalità è più disteso e per quanto le difficoltà siano oggi enormi, è un tempo che permette alle donne, sostenute dalla relazione con le operatrici, di riprogettare la loro vita sia sul piano esistenziale, dell’elaborazione delle esperienze e dei vissuti di violenza, che sul piano lavorativo e abitativo.

Negli ultimi anni, le difficoltà delle donne a trovare una nuova casa o a riprendersi la propria, una vota cacciato il maltrattante e finito il periodo dell’emergenza e del pericolo per la propria vita e quella dei figli/e, hanno spinto alcuni Centri antiviolenza a cercare delle risorse ancora diverse, abitazioni, spazi in cui le donne possono vivere per periodi lunghi – anche più di un anno – e muoversi liberamente, perché non soggetti alle restrizioni delle case rifugio ad indirizzo segreto, definiti come “alloggi di transizione” o case di “semi-autonomia”. Nel corso del 2023 le donne che ne hanno fruito sono state in totale 18, di cui 13 con i figli/e (11) per un totale di 29 donne e minori ospitati per 5.522 notti: in media 190,4 notti a donna/minore ospitato/a.

Referenti per la stampa:

Cristina Magnani Presidente del Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia Romagna

Cell.: +39 320 258 8272

GiudittaCreazzo Coordinatrice del Gruppo Osservatorio del Coordinamento dei Centri

Cell.: +39 3661507525

OLTRE IL 25 NOVEMBRE: OGNI GIORNO È UN GIORNO DI RABBIA E DI LOTTA

Bologna, 29 novembre 2023

Il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna sul femminicidio di Meena Kumari, a Salsomaggiore

È di ieri mattina la notizia del femminicidio di Meena Kumari, uccisa dal marito a Salsomaggiore Terme, in Provincia di Parma. Di fronte a questa notizia, il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna esprime vicinanza ad amiche/ci e familiari della donna, e rabbia e dolore di fronte a questa nuova violenza. 

Sono passati tre giorni dal 25 novembre, che quest’anno ha visto una mobilitazione impressionante, a Roma (con 500mila persone al corteo chiamato da Non Una Di Meno) e in tutta Italia, come anche a Parma, dove si è tenuta una manifestazione molto partecipata. Tre giorni, e l’entusiasmo di questa giornata di lotta condivisa si sono già infranti in un nuovo femminicidio. Stando alle statistiche, tra tre giorni ce ne sarà un altro.

Non basta una giornata di lotta. Quello contro la violenza sulle donne è un impegno quotidiano e i centri antiviolenza lo sanno bene. Dal 1° gennaio al 31 ottobre 2023, i centri del Coordinamento hanno accolto 4007 donne che hanno subito violenza. Non bastano le dichiarazioni di circostanza del mondo della politica, quest’anno, peraltro, particolarmente deludenti. Servono finanziamenti ai centri antiviolenza, tavoli di lavoro che partano dal riconoscimento dell’esperienza dei Centri e dall’ascolto, formazione per i soggetti (forze dell’ordine, servizi sociali, personale sanitario, ecc.) che operano, spesso, in rete con i Centri Antiviolenza. Servono forze politiche ed un parlamento capace di confrontarsi, senza scivolare in populismi e commenti vittimizzanti.

La violenza sulle donne non è un’emergenza, e non è una novità. È un fenomeno strutturale, e come tale deve essere affrontato. Non bastano interventi emergenziali una tantum, né è sufficiente l’inasprimento delle pene. Serve un impegno politico e sociale per produrre un cambiamento culturale netto, che porti al reale superamento delle discriminazioni di genere e della violenza sulle donne.  

Infine, non è possibile non notare la scarsa cura dedicata dai giornali a questa donna: non viene detto molto di lei, se non per rimarcarne le origini indiane. Neppure vi è certezza dell’età, indicata in un differente numero di anni, tra un giornale e l’altro. Ciò che coincide, invece, è un’accurata e macabra descrizione del pestaggio che l’ha uccisa. Abbondano i riferimenti etnografici alla tipologia di oggetto contundente utilizzato. Anche questa è vittimizzazione. Il modo in cui vengono raccontate le notizie ci dice molto del valore che viene attribuito ai corpi delle donne. Meena Kumari viene rappresentata come una vittima senza storia, senza età, senza lavori o passioni. Di lei non viene raccontato niente, se non che è “straniera” pur avendo tre figlie ed un figlio che vivono nel parmense. A Meena Kumari, uccisa ieri mattina dal marito, la cronaca non ha reso la dignità di una storia, ma solo l’immagine di un corpo martoriato.

Referenti per la stampa:

Cristina Magnani Presidente del Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia Romagna 

Samuela Frigeri Presidente del Centro Antiviolenza ODV – Parma